Inquinamento e allevamenti intensivi

Quando si parla di inquinamento viene immediatamente da pensare agli scarichi dei mezzi di trasporto e alle industrie ma dalle recenti ricerche é emerso che la causa del grande inquinamento che soggioga il nostro pianeta sono gli allevamenti intensi.

Con l’aumento della popolazione globale é aumentato il consumo della carne, basti pensare a un’equazione: maggiore é la richiesta, maggiore é il consumo e ne risulta che maggiore é l’inquinamento atmosferico.

Ciò ovviamente non riguarda solo gli allevamenti intensivi, sarebbe troppo facile, bensì nell’equazione vanno aggiunte anche la pesca e l’acquacoltura.

Ma partiamo dalla base, cos’é  allevamento intensivo?

L’allevamento intensivo è un tipo di industria zootecnica volta alla crescita e alla riproduzione di alcune specie animali destinate al consumo alimentare della popolazione globale; questo tipo di attività è conosciuto anche con l’acronimo CAFO, ovvero “concentrated animal feeding operation” e rappresenta l’evoluzione del tradizionale sistema di allevamento a livello industriale. 

In parole povere le fattorie che tutti conosciamo quelle fatte di pascoli, fieno e fattori sono state trasformate per puntare sulla quantità degli animali.

Quantità non significa sempre qualità, infatti un sistema così meccanizzato comporta prezzi di costo bassi per rivendere più prodotti a prezzi altrettanto bassi.

Quindi se guardiamo dal punto di vista del consumatore più prodotti per assecondare la richiesta, a livelli di costo minimi e ciò sembrerebbe un’ottima risposta. 

Purtroppo vi é sempre il rovescio della medaglia, perché per produrre più carne, vengono ammassati gli animali in ambienti inadatti che portano al sovraffollamento conseguenza di infezioni e malattie, curate con antibiotici e altri farmaci.

Greenpeace in collaborazione con l’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha portato alla luce un risultato molto preoccupante per quanto riguarda l’inquinamento: tra il 2007 e il 2018 gli allevamenti intensivi hanno inquinato come quasi otto milioni e mezzo di automobili. In questo lasso di tempo l’industria zootecnica ha aumentato del 6% le emissioni ogni anno che equivalgono a 39 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

É necessario invertire la rotta e destinare le sovvenzioni pubbliche per aiutare i piccoli allevamenti tradizionali a intraprendere un percorso di transizione, questo perché dati i risultati dello studio sarebbe impossibile combattere i cambiamenti climatici se si continua a fornire risorse economiche agli allevamenti intensivi.

Secondo l’ISPRA gli allevamenti intensivi sono la causa del 75% dell’ammoniaca immessa nell’aria e questi dati riguardano solamente allevamenti italiani; si può dire con sicurezza quindi che questo tipo di allevamenti sono la seconda causa delle polveri sottili nel nostro Paese, dopo l’inquinamento provocato dal riscaldamento residenziale e commerciale.

Ma gli allevamenti intensivi incidono anche sull’acqua attraverso i liquami prodotti che accelerano l’eutrofizzazione dell’acqua aumentando la crescita di alghe e altre piante acquatiche causando la diminuzione dell’ossigenazione dell’acqua, facendo quindi morire molte specie ittiche e favorendo infine la proliferazione batterica e di altri microrganismi che possono danneggiare la salute delle persone. 

Secondo la FAO, ovvero l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, le riserve d’acqua di tutto il mondo sono contaminate da fitofarmaci e altre sostanze chimiche usate per concimare le colture di mais e soia destinate all’alimentazione degli animali.

Anche la pesca e l’acquacoltura hanno un loro impatto sull’ambiente e in particolare sono un rischio per la biodiversità: le catture accidentali causano la perdita di quelle specie che non possono essere commercializzate perché non commestibili oppure perché non hanno ancora raggiunto la taglia richiesta; dagli allevamenti invece a volte possono liberarsi dei pesci che rappresentano un pericolo per la flora e la fauna di quell’ambiente.

Mettere un freno agli allevamenti intensivi significherebbe anche proteggere la salute delle persone, non solo quella del nostro pianeta.

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